Sterilizzatore a raggi UV: che ruolo ha nel depuratore a osmosi inversa?

In un depuratore a osmosi inversa, un ruolo fondamentale è quello svolto dallo sterilizzatore a ultravioletti: i raggi UV, infatti, servono a neutralizzare il DNA dei batteri e a renderli innocui.

Il compito di tale dispositivo, nel corso del tempo, è stato rivalutato: fino a qualche anno fa, infatti, lo sterilizzatore rappresentava l’ultimo stadio del procedimento di depurazione, venendo collocato dopo l’accumulo di acqua filtrata per contrastare la proliferazione batterica che si poteva generare nell’acqua che ristagnava nel serbatoio di accumulo; oggi, invece, i depuratori moderni non sono muniti di serbatoio di accumulo, dal momento che sono a produzione diretta, e quindi sono privi di lampada a UV.

Nei depuratori che ne sono ancora dotati, lo sterilizzatore UV serve a rimuovere non solo i batteri, ma anche i parassiti, le muffe, le alghe, i funghi, i virus e tutti gli altri patogeni che si trovano nell’acqua.

Come detto, l’azione dei raggi UV si esercita direttamente nei confronti del DNA dei batteri, i quali vengono uccisi e non sono più nelle condizioni di moltiplicarsi e di proliferare.

Uno degli aspetti più interessanti della disinfezione a ultravioletti è rappresentato dal fatto che essa non lascia tracce di alcun genere nell’acqua che viene trattata, la quale – dunque – è priva di residui o di sostanze chimiche.

Ciò vuol dire che né le caratteristiche fisiche né le caratteristiche chimiche dell’acqua vengono alterate o compromesse in qualsiasi modo: è per questo motivo che un’acqua non potabile continua a essere tale anche dopo essere stata sterilizzata con i raggi UV.

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Affinché possa risultare efficace, in un depuratore a osmosi inversa, questo apparecchio va sempre abbinato ai filtri i carboni attivi: essi hanno il compito di purificare in maniera preventiva l’acqua rispetto alle sostanze nocive eventualmente contenute, in modo tale che in seguito si possa procedere con la disinfezione vera e propria.

Lo sterilizzatore UV da solo non serve a niente: esso funziona solo nel caso in cui l’acqua prima sia stata resa pura, dal momento che le particelle rischiano di nascondere i microrganismi e, quindi, di proteggerli dai raggi ultravioletti.

Per quel che riguarda il livello di potenza, esso cambia in funzione della capacità di sterilizzare a seconda della portata d’acqua. Insomma, si tratta di decidere quanto si è disposti a spendere: in commercio si possono trovare modelli che non sterilizzano più di 550 litri in un’ora così come proposte più performanti, che rientrano nella fascia top di gamma, con una sterilizzazione addirittura di 15mila litri ogni ora.

Ovviamente nel secondo caso si ha a che fare con impianti che sono destinati ai locali di ristorazione, agli alberghi e alle pizzerie: in un contesto domestico ci si può accontentare di una portata decisamente inferiore.

Il componente principale di uno sterilizzatore UV in un impianto a osmosi inversa è, ovviamente, la lampada a raggi ultravioletti; l’acqua che deve essere sterilizzata, invece, passa attraverso una camera di irraggiamento, che è costituita da acciaio inox.

La lampada è isolata, sia dal punto di vista idraulico che dal punto di vista termico, dal quarzo, che ha la capacità di lasciar penetrare i raggi UV. Completano la dotazione, poi, la spina elettrica e l’alimentatore.

La durata dello sterilizzatore non desta preoccupazioni: l’impianto in sé, infatti, è molto longevo, mentre più sensibile all’usura si rivela la lampada, il cui ciclo di vita si aggira attorno alle 9mila ore.

La lampada, per altro, non dovrebbe mai essere spenta: ciò vuol dire che la sua durata è più o meno di un anno. Come sempre, più si spende e più la durata si allunga, come dimostrano i più costosi modelli di lampade, che possono essere sostituiti appena una volta ogni cinque anni.